Nell’ambito dell’attuale emergenza sanitaria assistiamo ad un incremento dei trattamenti di dati personali, soprattutto riferiti allo stato di salute (cd. dati particolari).
In questo contesto, l’Autorità Garante ha fornito alcune precisazioni che aiutano i datori di lavoro ad orientarsi nel trattamento dei dati relativi alle vaccinazioni anti Covid-19.
In primo luogo, il Garante spiega che il datore di lavoro non può chiedere ai propri dipendenti di fornire informazioni sul proprio stato vaccinale o copia di documenti che comprovino l‘avvenuta vaccinazione anti Covid-19, poiché ciò non è consentito, né dalle disposizioni dell’emergenza, né dalla disciplina in materia di tutela della salute e sicurezza nei luoghi di lavoro.
Inoltre, il datore di lavoro non può considerare lecito il trattamento dei dati relativi alla vaccinazione sulla base del consenso dei dipendenti, che non può in tal caso costituire una valida condizione di liceità in ragione dello squilibrio del rapporto tra titolare (datore di lavoro) e interessato (lavoratore) nel contesto lavorativo.
Si aggiunge che il datore di lavoro non può chiedere al medico competente i nominativi dei dipendenti vaccinati, né il medico competente può comunicarglieli.
Solo il medico competente, infatti, può trattare i dati sanitari dei lavoratori e tra questi, se del caso, le informazioni relative alla vaccinazione, nell’ambito della sorveglianza sanitaria e in sede di verifica dell’idoneità alla mansione specifica (artt. 25, 39, comma 5, e 41, comma 4, d.lgs. n. 81/2008).
Viceversa, il datore di lavoro può acquisire, in base al quadro normativo vigente, i soli giudizi di idoneità alla mansione specifica e le eventuali prescrizioni e/o limitazioni in essi riportati (es. art. 18 comma 1, lett. c), g) e bb) d.lgs. n. 81/2008).
Ci si interroga inoltre se la vaccinazione anti covid-19 dei dipendenti possa essere richiesta come condizione per l’accesso ai luoghi di lavoro e per lo svolgimento di determinate mansioni (ad es. in ambito sanitario).
Secondo l’Autorità Garante, nell’attesa di un intervento del legislatore nazionale che, nel quadro della situazione epidemiologica in atto e sulla base delle evidenze scientifiche, valuti se porre la vaccinazione anti Covid-19 come requisito per lo svolgimento di determinate professioni, attività lavorative e mansioni, allo stato, nei casi di esposizione diretta ad "agenti biologici" durante il lavoro, come nel contesto sanitario che comporta livelli di rischio elevati per i lavoratori e per i pazienti, trovano applicazione le “misure speciali di protezione” previste per taluni ambienti lavorativi (art. 279 nell’ambito del Titolo X del d.lgs. n. 81/2008).
Tuttavia, è precisato che in tale quadro solo il medico competente, nella sua funzione di raccordo tra il sistema sanitario nazionale/locale e lo specifico contesto lavorativo e nel rispetto delle indicazioni fornite dalle autorità sanitarie anche in merito all’efficacia e all’affidabilità medico-scientifica del vaccino, può trattare i dati personali relativi alla vaccinazione dei dipendenti e, se del caso, tenerne conto in sede di valutazione dell’idoneità alla mansione specifica.
Il datore di lavoro dovrà invece limitarsi ad attuare le misure indicate dal medico competente nei casi di giudizio di parziale o temporanea inidoneità alla mansione cui è adibito il lavoratore (art. 279, 41 e 42 del d.lgs. n.81/2008).
Avv. Ennio Bianchi
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